Thursday, February 04, 2010

Il profeta della 500esima Galassia

Le onde di France Inter trasmettono "Ceremony" dei Galaxie 500 . Qualche ora fa, le stesse onde annunciavano la nominazione agli oscar di "Un prophete", l'ultima fatica cinematografica di Jacques Audiard.
Questa volta Audiard per il suo film ha scelto una pletora di attori sconosciuti ma altrettanto talentuosi come i suoi ex-protetti Romain Duris e Vincent Cassel. Un terno al lotto che Audiard ha egregiamente vinto. Accanto al piu' noto Niels Astrup, troviamo Tahar Rahim nel ruolo del protagonista Malik, una vera e propria rivelazione, ma altrettanta attenzione merita Adel Bencherif nel ruolo di Ryad, fedele amico di Malik. "A Prophet" e' un film intrigante con una sceneggiatura che fa tenere gli spettatori con il fiato in sospeso durante due ore.
La trama e' semplice: Un giovane ragazzo (Malik) con un passato traumatico che si puo' leggere sulle sue cicatrici, entra in prigione. Non si sa perche', ma si sa che il reato e' grave: 6 anni di reclusione. Malik non ha ne' amici, ne' famiglia, ne' istruzione, ne' religione.
In prigione, in cambio della propria vita, viene reclutato per compiere un omicidio da un clan di mafiosi corsi. Malik entrera' cosi' a far parte del crimine organizzato prima come segugio del clan dei corsi e piano piano come vero e proprio gangster di successo con sue attivita' di spaccio e racket. Non mancheranno i colpi di scena, le sparatorie e le scene splatter di sangue e violenza come in ogni buon film sulla mafia che si rispetti. Scene destinate a fare entrare "Un prophete" negli annuari della storia del cinema vicino ad altri classici come "Scarface", "Il Padrino", "C'era una volta in America". Ma se in questi film le storie di gagsters ruotavano attorno a delle famiglie mafiose italiane, questa volta si e' voluto giocare sul lato internazionale della mafia e delle organizzazioni criminali odierne. Quindi clans con diverse origini, storie, alleanze e valori, si fronteggiano per la sopravvivenza e per il controllo nel crimine organizzato dentro e fuori le carceri. All'inizio Malik cerca d'integrarsi nel clan abbattendo anche le barriere linguistiche.
Ma la storia della mafia corsa, e' una storia fatta di famiglie e di clan e non c'e posto per i "sporchi" stranieri. Rifiutato Malik che ben presto capisce che tutto ruota attorno al potere e ai soldi, si allea con uno zingaro per ricoprire una tratta della droga tra Francia e Corsica. Ma la tratta e' coperta anche dal clan degli egiziani filo musulmani e qui dovranno scendere in campo le doti di negoziatore di Malik.
Giuste alleanze che solo un profeta come Malik puo' stringere. Il profeta che grazie al suo messaggio e alle sue azioni porta nuovo cambiamento nella criminalita' organizzata. E Malik compie un atto che solo un profeta, che e' stato in contatto con il supernaturale e il divino puo decidere di compiere da solo, l'ultimo atto della sua rivelazione: lo smantellamento del clan dei corsi.
E Malik oramai adulto uscira con una storia che si sara' creato grazie alla prigione. Ma una storia violenta e fatta di crimine organizzato, quasi a dire che la prigione non riesce a riabilitare nemmeno gli animi piu' sensibili.
A mio avviso il film manca di una piccola dose di realismo ed e' ahime' dotato (oltre che di una traduzione dei sottotitoli in inglese molto approssimativa) di una mediocre colonna sonora molto lontana dalle produzioni di Giorgio Moroder e dai capolavori di Ennio Morricone, ma forse vicina allo scarso gusto musicale che investe la nostra epoca. Comunque nulla toglie a questo film di avere delle buone potenzialita' di vincere uno o piu' Oscar nel 2010. Aspettando la notte del 7 Marzo per le premiazioni mi glisso gentilmente nella mia 500esima Galassia.

Wednesday, February 03, 2010

Vinico Capossela a Londra

Ho preso il biglietto per Vinicio Capossela il 29 Gennaio alla Union Chapel a Londra, curiosa di sapere se il musicista che avevo tanto amato alla fine degli anni 90 avesse intrapreso dei nuovi affascinanti sentieri.
Dalle notizie giunte qui e li, sapevo che nel frattempo aveva incontrato i miei cari Calexico e che proprio il 29 Gennaio, alla Union Chapel,partiva il suo primo tour mondiale.
La serata non inizia nei migliori dei modi, gli organizzatori fanno aspettare il pubblico in fila per piu’ di una mezz’ora "i musicisti stanno allestendo la sala". La fila che inizia davanti alle porta della Union Chapel va su per le scale e finisce al bar dove con un paio d’amici inganniamo l’attesa con un paio di birre.
C’e’ una bella atmosfera nel bar dello Union Chapel,luci soffuse e divanetti.
Lungo le pareti si ripete lo stesso quadro raffigurante Vinicio Capossela con un ghigno di sfida (la copertina del suo nuovo disco “The Story Faced Man”) che sembra dire "vedrete cosa vi ho preparato stasera"
La mia aspettativa cresce “chissa’ cosa tira fuori dal capello stasera”. Le porte si aprono e ..niente..un paio di strumenti buttati sul palco, ta l'altro anche mal disposti. I musicisti nascosti quasi dietro le casse, sembravano essere distaccati ed in secondo piano rispetto a Vinicio Capossela che aveva anche messo il suo piano a muro centralissimo. Questione di ego..uh?
Vinicio Capossela che alcuni anni prima mi era sembrato rilassato e molto scanzonato, doti che facevano parte della sua genialita', sembra stasera molto nervoso. Prima cerca di allontanare i fotografi (perche’ allora farli venire?), e continua imperterrito a fare cenni irati ai suoi musicisti invece che ballarci assieme e invitarci alla loro festa.
Le due ore di set spaziano veloci tra la sua vasta discografia. Durante la prima parte sembra quasi di essere in un piano bar italiano con le sue composizioni un po' piu’ leggere. La seconda parte, che inizia con “Estate” e' un po’ piu’ fantasiosa e prosegue con pezzi storici come “Maraja’” e il “Ballo di San Vito”. Per questa serata inglese,Vinicio Capossela e’ anche coadiuvato da un menestrello che recita di tanto in tanto delle poesie inglesi via megafono, lasciando perplessi anche i rari autoctoni presenti in sala.E si susseguono anche travestimenti in maschera e personaggi circensi che s’inseguono per la sala...ma sembra uno spettacolo quasi forzato e studiato a tavolino e manca di quella sincerita' e energia che hanno reso grande questo personaggio.
Che dire? Sarei curiosa di sapere come un pubblico inglese avrebbe reagito. Noi Italiani, si sa, brava gente, siamo un buon pubblico, pronto a cantare, a ballare alla prima nota.
E devo riconoscere che l'impronta italiana del pubblico ha aiutato a dare un po’ di pepe alla serata.
Nonostante le incensanti critiche del New York Times, Sunday Time (che non leggo..tengo qui a sottolineare), Mojo e l’entusiasmo del pubblico in sala, a fine concerto rimango con una punta di amaro in bocca.
Mi sembra che da 10 anni, Vinicio Capossela stia ripetendo in modo quasi invariato il suo melodrammatico cabaret gypsy/jazz&varieta'italiano che ha, per essere del tutto onesta, perso la sua impronta gypsy&jazz. Forse sta cercando di conquistare delle piu' ampie platee e sconfina in canzoni piuttosto pop che possano rappesentare e riscontrare il gusto popolare italiano. Ma ho dei dubbi che sia la giusta direzione con la quale Vinicio Capossela possa incendiare le platee internazioniali, eccezione ovviamente fatta per le centinaia di expat italiani.