Tuesday, August 24, 2010

"John Wynne" - Newspeak - British Art Now - Saatchi Gallery - London

Andare all’inaugurazione di gallerie d’arte a Londra e’ abbastanza semplice e la maggior parte delle volte non c’e’ selezione all’entrata. Ci sono 4 motivi per cui un'inaugurazione e' un evento sociale abbanstanza piacevole: n.1)99% delle volte puoi incontrare gli artisti e chiedere spiegazioni dirette dei loro lavori, sempre che non abbiano abusato del punto n.3) – n.2) la galleria e’ aperta fino a tardi e si puo’ andare dopo una giornata di lavoro – n.3) ci sono quasi sempre delle bevande alcoliche offerte dalla galleria – n.4) e’ un'occasione per passsare una serata piacevole con degli amici e si puo’ chiaccherare a voce alta davanti alle opere (o non) d’arte. Una di queste sere mi ritrovavo con Franca all’inaugurazione della nuova collezione Saatchi: “Newspeak: British Art Now”. Non vedevo Franca da tanto tempo, per cui abbiamo gentilmente preso il nostro bicchierino di champagne, diciamo moscato.. e abbiamo aspettato che la gente sfollasse raccontandoci un po’ le ultime viccende di vita vissuta. Perse nei nostri discorsi, non ci siamo rese conto del tempo che passava e ci restavano solo 45 minuti per vedere qualche sala prima della chiusura della galleria. :“ok iniziamo da qui”..”uh interessante..ma cos’e’?” “quindi la guida dice manichino in cera di Madame Blavatsky in sospensione su due sedie. Madame Blavatasky..blah blah, fondatrice della societa’ teosofica, basata sul pratiche dell’occulto..”, “ma non dovrebbe essere al museo delle cere? o forse non e' importante come Beckham o Obama e l’hanno messa qui, non saprei..”, “e questa ghigliottina?”, “mah, dici che l’avranno usata per uccidere la Madame?”. Con queste profonde discussioni continuiamo di sala in sala, fino ad arrivare alla sala n.10 e :“wowww..ma quanti sono?”, “sono esattamente 300 speakers”. Penso di aver passato i restanti 30 minuti a assaporare questa installazione di John Wynne (no, non Wayne!). Installazione quindi per 300 speakers, una pianola e un aspiratore! E si, da tanto tempo che non vedevo un’installazione sonora a Londra. Una decina d’anni fa andavano molto alla moda ma di recente non se ne sono viste molte. Mi sono seduta in mezzo agli speakers ed e' stato fantastico. Ovviamente sia gli speakers, che l’aspiratore che la pianola sono azionati da un computer e non sono sincronizzati quindi il suono e’ destinato a non ripetersi. La parte che colpisce e' l’accumulo di speakers di tutte le forme e dimensioni e anche il leggero suono che possono emettere senza che trasmettino nessuna musica. Un leggero sibillo che ripetuto per 300 volte diventa un suono forte e chiaro. La seduta in mezzo agli speakrs mi chiedevo se non avessi sbagliato qualcosa, se non dovevo continuare a lavorare nel campo della musica e non c’e’ giorno in cui mi alzi e non sia la prima cosa che mi chieda.

"Maestria e eleganza" - Howe Gelb + Giant Sand + Kristin Hersh + A band of Gypsies - Barbican - London - 22/07/2010

Non capisco come mai in tutti questi anni non abbia mai visto i Giant Sand e/o Howe Gelb dal vivo. Sto cercando di riguardare le date dei vecchi tour e fare mente locale in quale luogo mi trovavo per non averci assistito. D’altra parte dovrei anche essere onesta e ammettere che ai Giant Sant ho sempre preferito i Calexico che sono uno dei miei gruppi preferiti in assoluto e che ho visto almeno una decina di volte dal vivo. Un mea culpa de prufundis, per non avere portato piu’ attenzione ai Giant Sand e ai progetti paralleli usciti dal capello di quel genio musicale che e’ Howe Gelb.
L’anno scorso fu la prima volta che vidi il sig. Gelb qui a Londra, all’ICA, per l’uscita di “Snow Angel”, documentario musicale sul suo progetto di collaborazione con un coro gospel candese. Non nego che presi il rischio di addormentarmi nonostante il sig.Gelb fosse seduto alle mie spalle. Nonostante il documentario fosse noioso con una pessima regia, mi dette da riflettere sulla profondita’ e sul suo talento e sulla sua incontestabile e inesauribile passione per la musica. Quasi dopo un anno Gelb ritorna con un nuovo progetto. Direzione Corboda in Spagna, una fresca collaborazione con un gruppo di flamenco “The band of gypsies” (e non gypsys come quella di Hendrix!). E quale occasione migliore di presentarla a Londra se non la celebrazione dei 25 anni dei Giant Sand al Barbican. Questa sera, trovo al Barbican una posizione ottimale, terza fila, altezza del palco, con qualche divanetto libero vicino a me. Gelb, non ha invitato tanti musicisti per celebrare i 25 anni, solo Kristin Hersh, ex-Throwing Muses che apre questa serata. Minuta con una pettinatura e un vestito semplice e un filo di perle al collo, con la sua chitarra e la sua strepitosa voce ha dimostrato, ad una sala non gremitissima, di avere grinta da rivendere le sue canzoni erano ancora di forte impatto. Dopo una mezz’oretta, Howe Gelb e i suoi Giant Sand salgono sul palco. Stasera scaveranno ben poco nel passato, i pezzi sono quasi tutti recenti e c’e’ anche qualche inedito. Ad accompagnare questo set, uno slideshow fotografico incentrato per lo piu’ su Howe Gelb: da giovane, con i figli con i nuovi musicisti che lo accompagnano nell’avventura dei Giant Sand, con i Snow Angel, con la banda dei gitani spagnoli. John Convertino e Joey Burns, spuntano sfuocati su una foto di una vecchia rivista tedesca, forse la prima copertina che i Giant Sand fecereo in Europa. E gli stessi Convertino e Burns sembrano i grandi assenti stasera, per questa celebrazione di un quarto di secolo di Giant Sand. Di certo i nuovi musicisti dei Giant Sand sono musicisti eccelsi e c’e’ una grande armonia tra loro anche se chi dirige le danze, e’ lui, l’uomo plurimusicista e multitalentuoso, il maestro Gelb, che si avvicenda dalla chitarra acustica, a quella elettrica al piano con una leggiadria da folletto. Ci regala anche in questo primo set (secondo, se contiamo Kristin Hersh) un’interpretazione incredibile di « Expiration day brani” del suo defunto amico Vic Chesnut. Fine primo tempo. Ci si sgranchisce le gambe fuori dalla sala, un drink o uno snack al bar e siamo di nuovo in sala. Giant Sand in scena che accompagnano in sottofondo Kristin Hersh che legge dei passaggi dalla sua autobiografia: Paradoxical Undressing; testi surreali, ironici e alquanto divertenti. Strana scelta per celebrare i 25 anni dei Giant Sand, lasciare tanto spazio a Madame Hersh, ma non bisogna cercare di capire quello che frulla per la testa di Howe Gelb. Dopo le letture, Howe Gelb rimane solo sul palco con Thoger T. Lund al controbasso e invita il gruppo dei musicisti gitani di Corboba a raggiungerli. Oh, il momento che aspettavo. Seduti in semicerchio, un perfetto set di flamenco spagnolo che si fonde con la classe e l’eleganza dell’indie rock che del Maestro Gelb. Un set increbibile che avrei volute continuasse per ore e ore ma dopo qualche pezzo ecco entrare il resto dei Giant Sand sul palco con Kristin Hersh. Applausi, standing ovation meritate. Spero che questo sia stato solo un assaggio e spero a presto con una piu’ lunga presentazione di questo suo nuovo incredibile progetto, preferibilmente senza documentario. Lunga vita a Howe Gelb!

Friday, August 06, 2010

Indimenticabile - Patrick Watson and the Wooden Arms - Tabernacle - London 05/07/10

Febbraio 2007, Parigi. A casa di Christelle, ho tra le mani un cd-promo che Jerome mi ha appena regalato: “Ma Fleure” dei Cinematic Orchestra. Il cd player segna: Track 4 “Music Box”. Non diciamo niente, ci basta uno sguardo per capire che quella voce che stiamo appena ascoltando per la prima volta, diventerà parte integrante delle nostre vite, dei nostri sogni, accanto ai nostri venerati Jeff Buckley e Bertrand Cantat. La traccia N.5 non ha ancora iniziato che balziamo sul pc per cercare più informazioni. “Patrick Watson, hai detto?”- “Si W-A-T-S-O-N, che dice?”-“Qui c’e’ scritto “Patrick Watson, cantante canadese paragonato a Rufus Wainwright, Nick Drake, Jeff Buckley, all’attivo due cd disponibili import” -“ beh si Jeff Buckley ci sta tutto. Come import? Peccato che sta meraviglia non arriverà in Europa”. Come avevo torto quella sera. Qualche mese più tardi Patrick Watson e il suo gruppo si aggiudicano il prestigioso premio Polaris canadese declassando i più noti Arcade Fire e a Settembre viene pubblicato finalmente, anche in Europa, “Close to Paradise”, uscito in Canada un anno prima. Disco di una notevole intensità con atmosfere prese da Nick Cave, Tom Waits, Yann Tiersen. Una varietà di strumenti che vanno da chitarra, violini, fisarmonica, pianoforte, megafono, campionamenti, batteria, banjo, palloncini e forchette varie (!) e arrangiamenti che flirtano con Debussy e Satie, si lo so non bisognerebbe disturbare i mostri sacri ma: ascoltare per credere. Nonostante il gruppo si affermi piano piano in Europa, non riesco che a vederli in concerto l’anno scorso alla Union Chapel. Un concerto incredibile, mozzafiato. Per questo, non ho indugiato a prendere i biglietti per il concerto del 5Luglio, al Tabernacle di Notting Hill. Un luogo suggestivo quanto la Union Chapel. Il Tabernacle è un’ex-chiesa evangelica del 1887, con la facciata curva, costruita in mattoni rossi non lontana da Portobello Road. Una meravigliosa costruzione di stile romanesco, ora adibito a centro culturale. Una sala non direi gremitissima con poco o meno trecento persone. Stranamente e’ stato un evento poco pubblicizzato. Sul palco, Patrick Watson e il suo incredibile gruppo di musicisti: i Wooden Arms. Le luci sono soffuse e sembra di assistere quasi a un rito religioso massonico per pochi iniziati. Stasera, ad accompagnarli anche una cantante femminile e un quartetto d’archi. Patrick è un gran chiaccherone, simpatico, scherza con la band ed e’ sempre pronto a intrattenere la folla con aneddoti divertenti durante tutto il concerto tra “Big Bird in a Small Cage”, “Wooden Arms”, “To Build A Home”. E in quello che ci sembra un’attimo, siamo trasportati verso la fine del primo set. Per il secondo set, l’abituale sorpresa. Il concerto formatto palco-pubblico, si trasforma in un evento musicale da strada. Patrick indossata l’armatura del suo albero di cinque megafoni in spalla, e seguito dai suoi musicisti con percussioni e chitarra acustica avanza tra il pubblico, come facevano i musicanti nelle piazze in altri tempi. Il mini corteo di musicisti si ferma al centro della sala, si crea un cerchio attorno a loro. Il gruppo è colto di sopresa quando i violini rispondono tra dalla mezzanina, anche loro nascosti in mezzo ai presenti. Il pubblico sorride, e sembriamo tutti accomunati dallo stesso spirito che si puo' creare durante un fuoco di campo. Patrick lascia il suo albero di microfoni, sale su un paio di gradini e intona “Man Under the Sea” con il ritornello seguito dal tutto il pubblico “Just me, the fish and the sea”, prima sottovoce e poi fortissimo. A fine concerto, le persone sembrano estremamente felici e sorridenti e iniziano tutti a parlare gli uni agli altri. Patrick sgattaiola fuori dai camerini e si ferma a fare fotografie e a scherzare con i fan. Simon Angell, il chitarrista, porta consiglio agli avventori del banchetto merce mentre Robbie Kuster, il fantasioso percussionista, ride rilassato con un paio d’amici nel giardino. Non vedo Mishka Kein,il bassista, sara’ per la prossima volta. Cosi', mentre il sole cala su Londra lascio questa simpatica confraternita. Mentre ruota ancora nella mia testa “Just gather round all our family round and scream a noise and leave the ground I was so happy there under, under the sea”, un senso di gioia e festa invade i miei sensi ancora per qualche ora preziosa.