Saturday, June 19, 2010

Mark Lanegan - Scala - London - 04/05/10

La prima volta che vidi Mark Lanegan su scena, fu nella primavera del 1990 al Bloom di Mezzago come cantante, dalla voce possente, del gruppo Screaming Trees. Quella sera ebbi anche occasione di conoscerlo e incontrai una persona timida e estremamente gentile e affabile. Quello era il tour del loro terzo Lp “Buzz Factory” di cui, a distanza di anni, invidio sempre il vinile viola che Marcello scovo’ da Zabriskie Point a Milano. Vuoi per priorita’ promozionali della loro major (sulla quale firmarono il loro quarto album “Uncle Anesthesia”), vuoi per l’immagine poco “televisiva” dei fratelli Conner, gli Screaming Trees, non riuscirono mai a ottenere il successo meritato, nonostante siano stati considerati dai piu’ come una delle gemme della scena grunge Americana, accanto a gruppi quali Nirvana, Alice in Chains, Soundgarden e Mudhoney. Durante quel lontano 1990, Mark Lanegan, inizio' in parallelo agli Screaming Trees, una collaborazione con Kurt Cobain e Krist Novolesic dei Nirvana che non arrivo’ mai in porto e che dette idea a Mark di iniziare una serie di collaborazione con altri artisti, come per esempio Mad Season e Twilight Sad e la sua carriera solista.
Da quella serata primaverile del 1990 al Bloom, vent’anni sono trascorsi e molti episodi della mia vita hanno avuto la sua musica come colonna sonora o come perno la presenza di Mark Lanegan anche se in un modo del tutto casuale. Ho avuto occasione di ri-incontrarlo con Cristina, per una conversazione commovente su Jeff Buckley, ho lavorato indirettamente a dei suoi progetti, e stretto dei rapporti d’amicizia con dei suoi amici musicisti.
Nel frattempo Mark Lanegan, dopo lo scioglimento degli Screaming Trees nel 2000 pur continuando una carriera solista apprezzata dalla critica, ma mai coronata dal successo atteso, ha trovato un po’ di notorieta’ cercata grazie alle collaborazioni con Isobelle Campbell, Greg Dulli ma ancora di piu’ con i Queen of the Stone Age (QOTSA) che hanno fatto conoscere la sua voce disitintamente voluttuosa su tutti i palcoscenici del mondo.
C’e’ qualcosa di particolare che unisce Mark Lanegan ai suoi fans, forse la gentilezza, la schiettezza, e forse anche un volere tenersi lontano dale luci della ribalta, personaggio molto schivo che si metteva sempre da parte anche nei tour dei QOTSA.
Personalmente, daun punto di vista artistico, apprezzo la sua carrirera, il suo talento e la sua voce rauca e sensuale.
Non penso di essere mai stata una grande fan dei suoi progetti, anche se devo riconoscere che ho ascoltato fino al consumo ii vinili di Mad Season e Twilight Sad come ovviamente come tutti quelli della sua carriera solista e i primi tre degli Screaming Trees.
Stasera, mi ritrovo qui alla Scala a Londra per un’ennesimo appuntamento dal vivo con Mark Lanegan, vent’anni dopo. Questa volta si presenta solo con un chitarrista. Un’atmosfera assolutamente magica. Nonostante non si muova per nulla su scena sa come ammaliare la sala con la sua voce. Il concerto e’ sold out da settimane e vi e’ un pubblico molto eteregoneo per l’eta e sesso. S’inizia con “When your Number isn’t up” dal suo piu’ recente album “Bubblegum” per toccare a tutta la sua carriera discografica. Mark Lanegan stasera ci offre delle stupende interpretazioni come “River Rise” e “ Bell Black Ocean” da Whiskey for the Holy Ghost, “Don’t forget me” da Field Songs e la struggente “Mirrored” dall’EP “Hit the city”. Non manca anche un pezzo degli Screaming Trees, e del suo ultimo progetto con ii Soulsavers e devo dire che mi sorprende un po’ la scelta della cover di “Julia Dream” dei Pink Floyd. Una grande accoglienza dal pubblico londinese e Mark ritorna sul palco per il bis. Dopo una reprise un po’ flamenca della canzone tradizionale greca “Misrouli”, si sussegue il viaggio musicale nel tempo con “Wild Flowers” tratta da Winding Sheet che mi fa saltare di gioa. Vengo ripresa da una ragazza che ha la meta’ dei miei anni: “scusa ma puoi fare piano?”. La guardo sorridendo, forse e’ la prima volta che vede Mark Lanegan dal vivo, chissa’ se tra vent’anni sara’ sempre ai suoi concerti, chissa’ se Mark sara’ sempre su scena. Intanto mi godo questo momento, il pubblico esulta alle prime note di “Hanging Tree” dei Queen of the Stone Age. Sono tutti cosi' in visbilio che Mark Lanegan ritorna sul palco per il secondo bis per una breve versione di “Field Song”. Ma sembra che non si trovi bene nel ruolo di star protagnosta, forse non si aspettava tutta questa accoglienza. Lascia il palco abbastanza bruscamente ma la serata e’ stata per noi fan indimenticabile come l’incredibile carriera di questo eccelso musicista.

David Dawson - Centre Pompidou - Paris - 10/03-19/07

Parigi e’ sempre stata una meta d’attrazione per i londinesi. In sole due ore e trenta di treno, i londinesi si ritrovano in una delle capitali simbolo dell’eleganza e cultura europea. In questi mesi alcuni londinesi sono inoltre motivati dalla mostra dedicata dal Centre Pompidou a Lucian Freud, la sua prima mostra monografica da oltre 20 anni sul suolo francese. Il tema: lo studio di Lucien Freud. La fila di piu di un quarto d’ora per prendere il biglietto, il costo di 12 euro non mi hanno di certo messo in una buona predisposizione d’animo per non contare un'attesa di un’ulteriore mezz’ora per accedere all'entrata della mostra, forzata contro la mia volonta' ad ascoltare le pedanti conversazioni di due intellettuali francesi, miei vicine di fila. La mostra conta solo quattro sale, con una concentrazione di trenta persone per metro quadro. Anche nell’ora di punta, la metropolitana di Parigi sembra meno affollata. In questa mostra si entra nell’universo personale dello studio di Freud, si guarda dalle sue finestre, si vede negli occhi dell'artista e si viene in contatto con i modelli che passano regolarmente nel suo studio di Notting Hill. Il mondo di Freud e' freddo e cinico come i suoi autoritratti e la crudezza del bianco della carne dei suoi nudi. Ci sembra essere un elemento volontario di provocazione inutile nei quadri di Lucien Freud ma quella che ne scaturisce e' solo una sensazione inconfortevole. Non sono sorpresa dai commenti di alcuni bambini presenti alla mostra :"papa' qui e' brutto, ce ne andiamo?". Ogni tanto bisogna ascoltare la nostra voce interna di bambino e non pretendere a giocare gli intellettuali a tutti i costi. Effettivamente il mondo di Freud non mi trasmette niente e anche se mi applico, trovo le tele di poco interesse. Mi dirigo verso l'uscita e poco prima della porta mi trovo in una piccola saletta dedicata alle impressionanti foto di David Dawson dello studio dell’artista. Tra tutte, un ritratto di Lucien Freud al lavoro, nel suo studio a notte profonda. Un incredibile gioco di chiaroscuro dove l’energia e la determinazione del pittore vengono messe a nudo come in nessuno dei suoi autoritratti. Una foto impressionante che vale tutta la mostra. Peccato che non ci fosse piu’ spazio dedicato ai lavori di David Dawson, un vero peccato.