Tuesday, March 30, 2010

Bestie Selvagge da circo - Wild Beasts - Koko 24/03/2010 - London

Il Koko e' una sublime sala di concerti londinesi nata da una brillante ristrutturazione di un teatro del 1900. L’interno e’ in stile squisitamente barocco, con pareti in acrillico rosso e delle cariatidi con drappi dorati che sembrano sorreggere i balconi con estrema disinvoltura. Ad ogni piano dei bar con comodi divani, nonche’ un’ampio terrazzo che da su Camden High Street dove il traffico, anche la notte, non ha mai sosta.
Lunedi 24 Marzo e' la seconda serata sold out nel giro di un mese, per i Wild Beasts, figli di Kendal, citta’ sperduta nel nord dell’Inghilterra. 3,000 persone accorse in due sere per celebrare il loro secondo album « Two Dancers » uscito su Domino Records nel 2009.La serata prevede due gruppi d’apertura gli Esben and the Witch, che ho perso per aver indugiato al bar con degli amici, e gli Everything Everything che molti citano come "the next big thing" ma che a parte il loro piu’ noto singolo ballerino "Photoshop Handsome" lasciano indifferenti la maggior parte dei presenti.
Le luci si abbassano e dalla oscurita’ entrano in scena loro: i Wild Beasts, i poeti maledetti del pop di Kendal che sono riusciti a sfondare laddove molte bands della loro regione avevano fallito.
I Wild Beasts sono senza dubbio una band di cui il piatto principale e' il riuscitissimo intreccio della voce basso di Tom Fleming e del falsetto di Hayden Thorpe.
Hayden Thorpe, personaggio senza dubbio affascinante, fa parte dello stesso mondo barocco di Antony Hegarty e Jami McDermott anche se si presenta su scena in modo molto semplice, jeans e camicetta a quadri, come anche semplice appaiono gli altri membri di queste "bestie feroci". Durante tutto il concerto sembra di essere di fronte a dei bravi ragazzi che non vogliono uscire dalle righe, che suonano, cantano in maniera precisa ma che non trasmettono al pubblico visivamente la forza della loro musica. Una scena forse troppo semplice e pulita che si stacca quasi in maniera sorprendente dai mondi sotteranei e lascivi evocati dai loro testi dove il desiderio carnale incontra il labirinto della distruzione e repulsione.
Anche se i Wild Beasts hanno trovato un suono di una certa new wave degli anni 80 riportando di attualita’ i Cure e i Divine Comedy purtroppo dopo tre quarto d’ora subentra un po’ di ripetitivita’ che fa perdere l’entusiasmo iniziale del pubblico. Il concerto finisce "Cheerio Chaps, Cheerio Goodbye" e l'ultima frase "un requiem in una tenda da circo" sembra quasi stonata stasera, forse si parla di un circo immaginario dove le nostre "bestie feroci" ,tenute in cattivita’ sulla scena, hanno perduto la loro selvaggia creativita’.

Un angelico americano a Londra - DM Stith - Slaughtered Lamb - London 23/03/2010

Scoprii David Michael Stith, in arte DM Stith, via un video che una mia amica posto', piu' di un anno fa, su facebook. Che purezza, che spiritualita'. L'emozione che ebbi al primo ascolto fu molto simile a quello che provai le prime volte che sentii Jeff Buckley e Antony and the Johnsons. Qualche settimana piu' tardi vidi DM Stith dal vivo accompagnato da una band in un piccolo teatro di legno nell'est di Londra. Un music hall costruito nel 1863 per la comunita' di Shoreditch che ha tutta l'apparenza di un saloon di un film western, e che per anni e' stata usato come sala di reunioni dei Quaker. Quella sera molti sguardi sognanti e molti occhi lucidi tra i presenti. Quasi dopo un'anno DM Stith ritorna in una sala ancora piu' intima, allo Slaughtered Lamb,solo con una chitarra e un pedale con effetti eco e loop. E' di nuovo a Londra per presentare in anteprima qualche nuovo pezzo. DM Stith ha una voce angelica e pura. David Michael avrebbe potuto far parte del coro della chiesa diretto da suo padre, al quale insegnamento si sottrasse per seguire la sua indole grafica e per scappare ad una spiritualita' imposta nella quale non si riconosceva. E pertanto,durante il concerto, sembra che DM Stith abbia fatto un suo proprio intimo percorso alla ricerca del suo io e abbia trovato la sua vera spiritualita' che ora trascende stasera la sua musica. Satasera da solo di fronte a noi, gli accordi e gli arpeggi della sua chitarra sono piu' complessi e nulla tolgono ai brani che si ascoltano sul suo disco "Heavy Ghost". Anzi in questa saletta con divanetti in pelle si instaurauna piu' forte comunione e si ha l'impressione di condividere con lui un momento di intimita' irrepetibile. Stasera, oltre che a alcuni nuovi pezzi con "Impatience" e le preziose gemme di "Heavy Ghost", DM Stith ci regala una cover stupenda di "Spirit Ditch" del recente scomparso Mark Linkous (aka Sparklehorse) con il quale aveva in comune una particolare direi pericolosa sensibilita' musicale. L'elegiaco concerto scivola veloce e le anime di stasera sono conquistate e ammutolite da tanta bellezza. Lasciamo silenziosamente la sala e mentre camminiamo nelle strade deserte di una domenica notte londinese, risuona ancora l'eco dell'encore "just once just once, did you love me once?".

Wednesday, March 24, 2010

La forza tranquilla dei giapponesi Mono. Scala - London - 15/03/2010

Andare a vedere i concerti di Lunedi richiede sempre un grosso esercizio fisico e mentale, il week-end lontano, e ci si sente tutti piu’ stremati. Era da un po’ che ero curiosa di andare a vedere i Mono e quale migliore occasione di un concerto londinese alla Scala. In apertura lo svedese John Alexander Ericson. Su scena con la chitarra non lascia un’ impronta troppo impressionante. E poi appaiono loro: i Mondo. Ai due lati del palco, seduti con le loro chitarre Takaakira Goto e Yoda , alle loro spalle Yasunori Takada alla batteria e con un imponente gong e, lei, centralissima: Tamaki Kunish la dea giapponese del basso (che stasera si cimentera’ anche alle tastiere per un paio d’occasioni). Immagine e musica di forte impatto. Gia dal primo brano "Ashes in the snow" vengono in mente i Godspeed You! Black Emperor che del neo prog rock furono gli artefici agli inizi degli anni 2000 e che, caso strano, avevano tratto il loro nome da un film giapponese degli anni 70. Il gioco musicale e’ uguale, e’ sempre quello del piano delle chitarre, che s’intreccia a una cresente sessione ritmica e che avanza galoppando verso il fragore musicale per poi fondersi nel chaos. Un immaginario musicale quello dei Mono che ci porta lontano alla natura del loro amato Giappone fatto di ruscelli, giardini zen, ciliegi in fiore ma anche della forza brutale dei terremoti, uragani e vulcani pronti a esplodere in qualsiasi momento . Una musica molto cinematica e struggente, non a caso Takaakira Goto cita tra le sue fonti d’ispirazione “Breaking the Waves” di Lars Von Trier. Musica quindi cinematica come quella dei Godspeed. Ma se nella musica di quest’ultimi il punto forza era il passaggio dal piano al sostenuto, nella musica dei Mono sembra essere piu' incentrata sulla ricerca della perfezione in ogni nota che si connubia al virtuosismo di questi quattro musicisti, tra cui spicca l’incredibile maestria di Takaakira Goto al fender. La forza dei Mono sta nei momenti lenti che cercano quasi di tenere in sospeso a mezz’aria in un momento di immensa e tremenda bellezza. Questo tour coincide con l’uscita di “Holy Ground: NYC Live With The Wordless Music Orchestra” un live di 90 minuti filmato a New York con un orchestra di 24 musicisti e la produzione del grande Matt Bayles (Mastodon, ISIS, Minus the Bear). I Mono stasera anche se solo in quattro sono riusciti a colmare di gioia gli animi dei presenti.

Monday, March 22, 2010

Quando l'orso perse le grinfie. Grizzly Bear - Roundhouse - London 13/03/2010

Due serate sold out da mesi per gli americani Grizzly Bear al Roundhouse di Londra. Il Roundhouse costruito nella zona di Camden nel 1846 come deposito dove riparare le locomotive, e’ un luogo sicuramente suggestivo, che nonostante i recenti restauri, costati piu’ di 40 milioni di euro, continua ad avere una pessima acustica per i concerti.
I Grizzly Bear salgono su scena verso le 21.30 acclamati da un pubblico trepidante e aprono il concerto con “Southern Point” che apre pure il loro ultimo lavoro “Veckatimest” del 2009 e a seguire la piu' popolare “Cheerleader”.
Se su disco si possono assoporare tutte le sottiglieze del folk-jazz psichedelico di questo quartetto di Brooklyn, in un suono che sembra puro nonostante la complicata tessitura, durante il live si perde la diversa stratificazione, rendendo anche le armonie vocali molto banali e noiose.
Sul palco c’e’ un’atmostera di festa di paese, diverse luci che penzolano da trespoli, un'atmosfera semplice ma non elettrificante. E non c’e’ da soprendersi sapere che Edward Droste e compagni abbiano passato mesi e mesi rinchiusi in un appartamentino a registrare musica su nastri. Tutto molto studiato a tavolino, pulito e anche le semplice emozioni che cercano di trasmettere dalla scena, sembrano misurate con il righello strappato dai banchi di scuola. La loro musica fa presa sulle persone presenti al concerto, un 90% di ventenni che sembra appartenere ad un ceto medio benpensante della borghesia inglese. Mentre mi chiedo come mai la Warp, conosciuta per la sue scelte musicali avventurose, abbia voluto una band dal suono talmente insipido nel suo catalogo, Victoria Legrand sale sul palco e ci regala la sua splendida voce in “Two Weeks” e “Slow Life” e mi rammarico un po' di aver perso in apertura l’esibizione del suo gruppo Beach House. Spero per un punto di svolta a questo punto del concerto, ma una volta che Legrand lascia il palco, non succede proprio nulla di eccitante. Avrei solo bisogno di sedermi su un divano e di addormentarmi a migliori sogni musicali.

Thursday, March 18, 2010

Exit Through the Shop

Prodotto da Bansky, scritto e creato assieme a Thierry Guetta (aka Mr Brainwash), “Exit Through the Shop” (l'Uscita dal negozio) anche se in veste comica e leggera e’ una profonda riflessione sulla street art o arte di strada. ll documentario come dice Bansky “e’ la storia di un uomo che ha cercato di filmare l’infilmabile e ha fallito” e ruota attorno al rapporto tra lui e Thierry Guetta (aska Mr Brainwash).
Da una parte l’arte di strada del talentuoso Bansky ironicamente contestaria, contro l’establishment politico e culturale. Bansky cerca di tenersi allo scuro della massa ma per soppravvivere e' costretto a trovare un modo intelligente e provocatorio per farsi conoscere dai media e dalle celebrita’ che posssono finanziare e tenere viva la sua arte.
Dall’altra parte Thierry Guetta, aka Mr Brainwash, privo di talento, che gestisce un equipe di creativi e arriva dietro i primi incoraggiamenti di Bansky a creare un’arte di strada alla luce del sole, dietro al quale non c’e’ nessuna riflessione. Mr Brainwash ingabbia l’arte di strada e la rende di facile fruizione, usando principalmente delle immagini del mondo del cinema e in generale dell’intrattenimento come aveva gia’ fatto Andy Warhol negli anni 60.
L'arte di Mr Brainwash e' un arte fatta e ideata per le masse, di facile accesso alle celebrita’ e ai media. Tutti possono far parte del suo mondo contrariamente a quello di Banksy o Shepard Fairey fatto di lavori politicizzati che richiedono una piu'attenta riflessione.
Durante il documentario, vengono in mente molte questioni come :C'e' una sostanziale differenza tra l’arte di Bansky, Shepard Fairey e Mr Brainwash? Cosa significa in realta’ l’arte di strada al giorno d’oggi?
Si riflette inoltre anche sul limite fisico della strada come luogo di espressione dell'arte di strada: Si deve considerare arte di strada solo quell’arte che viene fatta sui muri delle citta', quella degli artisti braccati dalla polizia che finiscono arrestati, denunciati e che vivono a stenti? O si puo' considerare anche ARTE quella stessa arte di strada ingabbiata tra le mura dorate delle aste e delle case dei collezionisti, caduta nel vortice della piu’ volgare mercificazione come era gia' successo al movimento dei “Young British Artist” e della “Pop Art”?
In realta' il documentario di Bansky&Guetta apre un dibattito al quale non offre risposte sicure. Bansky, che nel documentario appare come una persona simpatica e autoironica, e Guetta, che e' ritratto con una disarmante e quasi falsa ingenuita’, sembrano offrirci le due facce della stessa medaglia, inscindibli l’uno dall’altra. L’arte di Banksy non potrebbe sopravvivere senza la commercializzazione e "l’arte del commercio" di Guetta non potrebbe esistere senza il talento di Bansky, Shepard Fairey, Space Invader e tanti tanti altri che hanno contribuito alla nascita e al successo della street art.
“Exit Through the shop” non e' “la storia di un uomo che ha cercato di filmare l’infilmabile e ha fallito” ma la storia di un uomo, di un collettivo di uomini che credeva nell'arte fine a se stessa e ha dovuto arrendersi davanti alla odierna societa’ del consumo di massa trovando l'uscita dal negozio.

Friday, March 12, 2010

Get Well Soon e Musee Mecanique in piena forma

Londra - Borderline - 10 Marzo 2010
Intro:
E’ un momento difficile, sto cercando di scoprire nuovi gruppi ma le nuove uscite e le informazioni musicali vanno ad altissima velocita’. Non facile per una persona che ha avuto 20anni negli anni 80, quando le uniche referenze nel campo musicale erano un paio di riviste mensili ed un paio di programmi alla radio. Oggi, negli anni 2000 per seguire le novita' musicali cerco quindi di seguire dei suggerimenti sentiti via podcast, vedere dei siti di musicisti su my space, guardare dei video di nuove bands su you tube, seguire dei blog di amici fidati e/o di alcuni giornalisti musicali e inoltre vado a dei concerti senza essere molto sicura di chi stia andando a vedere. Direte voi, comprare cd/mp3/vinili ? La mia filosofia e’ che prima viene il concerto, la comunione con il gruppo, se il concerto mi piace compro il vinile direttamente alla band la sera stessa, costa di meno e sono cosi’ sicura che una grossa parte del ricavato vada direttamente in mano loro. CD? No! Solo Vinili. La bellezza dei vinili al giorno d’oggi e’ che pesano quasi tutti 180g e sono accompagnati da artwork suggestivi nonche’ da un simpatico coupon per scaricare gratuitamente l’album in MP3. Personalmente abolirei i cd alquanto antiestetici e se fossi una band e avessi un po' di budget disponibilie creerei dei cd rom interattivi con video, lavori, informazioni sull’artista, giochi interattivi, ect.
Musee Mecanique:
Ma veniamo al concerto di ieri sera. Via un paio di podcast su "France Inter" e "Les Inrocks" e una mia piccola confusione sui nomi delle bands, sono giunta al Borderline, uno scantinato con capienza di 275 persone. Che gli inglesi non siano abituati ai nomi delle bands americane in francese, l’avevo gia’ notato sul mio biglietto e sul sito del Borderline che riportavano erroneamente che Music Mecanique avrebbero aperto la serata. Poco importa, sul palco ci sono loro : Micah Rabwin e Sean Olgivie che si alternano alle tastiere,chitarre, percussioni, sega ad arco, canto, mentre Brian Perez si avvince sulle tastiere, glokenspiell, melodica organo a bocca, lap steal. Si, questa volta i "Musee Mecanique", sono solo in tre. La band nonostante appaia titubante di fronte ad un pubblico londinese alle prese con chiassosse conversazioni al bar, presenta qualche brano tratto dal loro album "Hold this ghost" e anche un nuovo pezzo che come annuncia Sean "it’s about travelling". Di tempo per scrivere nuovi pezzi ne hanno avuto durante questo tour Europeo che li portera' anche a una sold out Ancienne Belgique a Bruxelles e alla mitica Olympia a Parigi. Mentre la voce di Micah Rabwin ci fa venire in mente lo scomparso Elliott Smith, Sean Olgivie (che fa pure parte dei Tristeza) evoca piuttosto le calde atmosfere di Bon Iver. Il suono dei Musee Mecanique che puo' essere catalogato nell'americana, nell’alternative country folk, innonda il Borderline con delle dolci atmosfere di tempi passati e nostalgici, contro la frenesia e il rumore della nostra epoca. Atmosfere oniriche con un impressione di sottofondo sonoro di una vecchia e polverosa meccanica che piano piano, durante il set, avvinghia le menti e l’attenzione anche dei piu’ riluttanti chiaccheroni. Il concerto finisce in un magico silenzio e con un fragoroso applauso. Micah, Sean e Brian sembrano emozionati e soddisfatti, non capita spesso ai gruppi spalla di ricevere un'accoglienza tale, qui a Londra.
Get Well Soon:
Ecco adesso sul palco i Get Well Soon, progetto della mente geniale del tedesco Konstantin Gropper. Devo ammettere che nonostante cercassi di seguire tutti i musicisti durante il loro set, non riuscivo a staccare gli occhi di dosso a Kostantin, ammaliata dal suo magnetismo e carisma. Una strana sensazione di essere davanti ad un genio musicale. C’e’ qualcosa di potente e quasi pericoloso che emana Mr Grooper, e non mi sorprende a fatto che abbia potuto elaborare il progetto di Get Well Soon da solo.
Konstantin Gropper compone effettivamente da solo per meglio fantasticare sul suo mondo interiore e trascriverlo in musica, registrando e suonando lui stesso tutti gli strumenti uno dopo l’altro: voce, fiati, corde, percussioni, elettronici…ect.. Anche se questa volta per la registrazione di "Vexations", visto l'impresa titanesca si e' fatto aiutare da altri musicisti. E non solo, e' anche uscito dalla sua camera per prendere ispirazioni dall'esterno, registrando i suoni della natura che lo circondava. Queste passeggiate sonore nei pressi del lago di Constanza, dietro casa dei suoi genitori, hanno anche ispirato una collaborazione con Philipp Kaessbohrer per un making of-video dello stesso "Vexations".
Stesso video che viene da fare da sfondo scenico durante il concerto di stasera, che si apre con "Nausea". Si sente un rumore di sottobosco e improvvisamente davanti a nostri occhi, appare una bambina che sembra si sia persa in un bosco misterioso e pieno di paure, quelle stesse paure che accompagnano la nostra vita.
Kostantin Gropper stasera coadiuvato da altri quattro musicisti al basso, chitarra, tastiere, violino, sassofono, vibrafono e percussioni varie (campane, piatti, tamburelli, ect..), crea un’atmosfera al tempo stesso intimista ed energica, innondante di quella luce abbagliante che si trova solo negli abbissi dell’animo.
Ci vengono in mente Arcad Fire, Lou Reed, Beirut, Jeff Buckley, Suede e anche Jim Jones (ma qui non chiedete!). La sala e’ subito emotivamente soggiogata dalla band e anche i piu’ scettici rimangono piacevomente basiti.
Il live set continua con "A voice in the Louvre". Una bambina davanti a dei quadri nel Louvre :"mi hanno detto di guardare i quadri perche’ posso vedere dei mondi passati e migliori, ma ho l’impressione che i quadri guardino me". E si continua con la trovata divertente per la canzione "We are ghost": il coro che interviene e’ un playback degli stessi Get Well Soon filmati in veste di fanstasma. Seuguendo gli abbissi di "A Burial at Sea", siamo poi ricatapultati nella foresta tedesca di "Angry Young Man" dove Kostantin denuncia la violenza ingiustificata dell'uomo nei confronti della natura. E cosi’ lentamente giungiamo alla fine del concerto dove siamo esortati a ripensare al modo in cui viviamo: "anche se diamo per scontato la nostra vita, siamo gli artefici del nostro proprio destino". Forse ci saremo risparmiati la tua lezione di vita, caro Kostantin, ma dobbiamo essere grati a te e ai tuoi musicisti per la serata indimenticabile che ci avete regalato: we are all well tonite!